John Surtees

Quando si incontrano generazioni diverse a volte ci si confronta su quella che potrebbe essere la lista dei migliori piloti di sempre. La classifica è estremamente soggettiva e dettata da criteri e parametri individuali e spesso da un vissuto che ha portato a vedere coi propri occhi le gesta di un campione. A detta di molti appassionati coi capelli bianchi il più grande di tutti, o per lo meno uno dei campioni che andrebbe messo sicuramente sul podio dei più grandi di sempre, c'è colui che ha scritto i primi capitoli di quello che è il grande libro del motociclismo sportivo, ossia John “Big John" Surtees.

Surtees non è stato un semplice campione, è stato un rivoluzionario, sai nello stile di guida che nella dedizione alla professione e al raggiungimento dello scopo. Da ex-pilota di sidecar il suo modo di buttarsi con il corpo all’interno della curva aprì la strada ai futuri piloti su come gestire il peso delle moto di allora. Inventò lo stile alla “John Surtess” e la sua carriera insegna come la disciplina e la dedizione alla passione possono portare davvero lontano. La voglia di continue emozioni ma soprattutto l'amore per la competizione lo portarono a vincere un numero spropositato di gare e a realizzare qualcosa di assoluto. Fu l’unico nella storia che riuscì ad essere vincente anche nel passaggio - provato a tanti -  due/quattro ruote, vincendo il titolo mondiale formula uno con la Ferrari nel 1964 dopo aver vinto sette titoli mondiali di motociclismo.

John Surtees nasce in un piccolo villaggio chiamato Tatsfield nel Surrey  l’11 Febbraio ’34 da una famiglia di sportivi per eccellenza: padre sidecarista, sorella campionessa di atletica e fratello anche lui patito di moto. La passione del padre viene trasferita al figlio ed è nell’infanzia passata nell’officina del padre che arriverà l’imprinting, tanto da portare il giovane John a fare da passeggero al sidecar del padre quando era “fuori uso” l'abituale compagno.

Il giovane John in giacca al fianco del padre

Il battezzo con la pista arriverà grazie a Bill Oliver, un caro amico del padre che propose alla famiglia di provare il nuovissimo circuito di Brands Hatch, fresco di schiacciasassi.  Fu così che a fianco del padre, sulla lista di iscrizione della gara apparve per la prima volta quello di John con un Triumph Tiger 70 e nacque la leggenda John Surtees.

Da subito emersero le caratteristiche che lo porteranno nel futuro a dettar legge per oltre un lustro. Preso dall’euforia della competizione volle partecipare in modo continuativo alle gare di moto ed il primo pensiero per John fu quello di ottimizzare il mezzo: di quel Tiger 70 resterà ben poco. Forerà il telaio con trapano, limerà e segherà, cambierà manubrio mettendone uno Ariel più inclinato, sostituirà il serbatoio con uno più piccolo, lavorerà sul motore per prendere qualche cavallo in più. Cambierà poi la sella, toglierà il copricatena e sposterà le pedane indietro. Si impunterà col padre per sostituire la forcella mettendo quello di un Tiger 100 presente in officina. Delle moto dell'officina del padre molte saranno "alleggerite" per assecondare il giovane John ed il suo ego. Con questo assemblato di componenti si ripresenterà a 16 anni sempre a Brands Hatch nella batteria eliminatoria della 250 e subito imparerà una lezione: se devi cadere è bene farlo all’inizio di carriera. Quell’anno infatti sarà un susseguirsi di cadute, dovute, oltre che alla foga del giovane John, anche da quel mix di componenti che tutto poteva dirsi fuorché una moto di competizione.

Fu il padre, forse sfinito dalle serate passate a modificare, assemblare e tagliare pezzi, che si recò al reparto corse della Vincent, marchio per cui era anche concessionario, e addocchiò un Grey Flash 500 abbandonato in un angolo, una moto usata per le prove e lo sviluppo di altri modelli, passata tra gli altri nelle mani di Stan Hailwood, il padre di Mike.

Il prezzo di quella moto, con cui finì la sua prima stagione,  fu l’anticipo sul primo salario che avrebbe percepito come apprendista alla Vincent. Delle 2 sterline e 10 scellini della prima paga settimanale 1 sterlina simbolica se ne andò per la Grey Flash.

John sebbene solo 17enne fa della meccanica e della efficienza un suo tarlo, per la prima gara ufficiale a bordo della Vincent riuscì a sostituire l'albero motore con uno utilizzato dal reparto corse ufficiale Vincent. In quella prima gara disputatasi nel sud del Galles ottene subito una vittoria. La stagione del ’50 finì con una vittoria dando grandissime speranze per  un grande ’51. Naturalmente John passò tutto l'inverno in officina a preparare la moto. La smontò bullone per bullone per riverniciarla tutta. Tuttavia quando si recò dal verniciatore il tono verde originale della Vincente non era disponibile, si scelse un barattolo di vernice ford color argento. La moto per la stagione ’51 sarebbe stata la Silver Flash. Con quella moto otterrà 6 vittorie in 15 gare arrivando secondo, dopo aver a lungo combattuto con il campione Duke, in un importante evento celebrativo a Thruxton. Quel duello lo mise in luce nell’ambiente.

John in azione con la vincent

Per la stagione ’52 John volle una moto più competitiva e dietro un bell' impegno finanziario (260 sterline di cui 150 provenivano dalla vendita della Vincent e il resto in rate) acquistò una Norton Manx con cui partecipò alla sua prima gara di campionato del mondo, terminando sesto e vincendo 16 delle 23 gare nazionali cui partecipò.

Il ’53 avrebbe potuto essere un anno importante per quel diciannovenne che stava facendo passi da gigante se un incidente occorso alla sua prima partecipazione al TT non fosse stato determinante. Non fu tanto un piccolo infortunio occorso ma  perché quando ottenne la convocazione ufficiale da parte della Norton aveva già un precedente impegno con la piccola EMC per gareggiare nelle 125. Il gran capo del reparto corse Norton Joe Craig manifestò la sua contrarietà visto i rischi che si annidavano in ogni centimetri del TT. Detto fatto, John si presento al via con la EMC e al primo giro all’atteraggio dal salto di Ballaugh Bridge la forcella della piccola 125 si stacco facendolo cadere a pochi centimetri dal marciapiede con il solo polso sinistro rotto. Questo episodio fece andar su tutte le furie la dirigenza Norton e precluse la moto ufficiale almeno fino al ’55. Nonostante questo la stagione finirà con 20 vittorie su 33 gare.

John a fianco delle Norton

La stagione successiva con due Norton e con alcune partecipazioni con la REG 250 ottenne 54 vittorie su sessantasei gare. Nel ’55 la Norton gli offre la moto ufficiale, non per tutto il campionato del mondo ma solo per alcune gare, in cambio otterrà la possibilità di gareggiare in gare nazionali con la NSU e internazionali con altre moto. Durante questa stagione disputerà il maggior numero di corse e vittorie nella sua carriera: 68 primi su 86 gare disputate.

Quell’anno ci sarà anche l'episodio che gli cambierà la vita, la gara corsa al Nurburgrin con la BMW e sarà la bella battaglia con Nello Pagani a suscitare  l'interesse del conte Agusta.

Il Conte e John

Fu dopo quella bella prestazione di John che il conte Domenico Agusta lo convocò per una sessione di prove a Monza, tuttavia un acquazzone riempì di foglie la pista così si optò per trasferirsi a Modena. Il ragazzino dalla fronte altissima, la carnagione bianchissima e i modi quasi clericali, si presentò alla prova con un timore reverenziale verso questi bolidi di cascina Costa.  La prima ora di prove fu un continuo rientrare ai box, Surtees non riusciva a fare più di due giri consecutivi continuava a  rientrare ai box con una “scusa” diversa: manubri alti, armonizzatori, sella troppo avanti. Questo fece dubitare sulle sue qualità di pilota ma fu dopo quel “Adesso andiamo bene”, detto in un sommario italiano, fece fermare i cronometri a meno di un secondo rispetto al record della pista, da li iniziò l’epopea MV-Surtees. Partenza a razzo ….e via verso la leggenda.

 Il ’56 a bordo della MV conquisterà le prime tre vittorie che bastarono, nonostante i guasti occorsi nelle successive gare, a laurearlo campione del mondo. Fu il primo dei 7 mondiali conquistati dall’accoppiata, tre nella 350 e quattro nella 500.  

Tuttavia non riesce a ripetersi immediatamente l’anno successivo. In quella stagione oltre ai numerosi ritiri dovuti alla poca efficienza della MV si segnala la gara delle 500 svoltasi a Monza in cui, dopo un bellissimo duello vinse gara e titolo Liberati su Gilera. Del pilota italiano a cui John fu felice di lasciare lo scettro, riconobbe i meriti sportivi e umani. Costante di quell'anno furono i molti ritiri patiti.

Proprio in quella stagione con i molti problemi della MV  emergono le doti che lo porteranno tra i grandi. John vuole modifiche strutturali alla moto, pensa che siano troppi concentrati sulle piccole cilindrate così pur di ottenere un incontro con il Conte riesce a prendere lo stesso treno e ad intrufolarsi sulla carrozza per rivendicare le modifiche che secondo lui vanno apportate alla moto.

Dal ’58 in poi, a seguito anche del ritiro dei principali rivali, MV con alla guida John avrà vita facile. Con i compagni di squadra in alcune gare riesce anche a doppiare tutti gli altri concorrenti, eppure nessun altro alla guida della MV riuscirà a infastidirlo o contendergli qualche primato.

Il campione con la sua MV

Per tutti ormai Surtess è “Big John”, un cammino che sembra inarrestabile che lo vede vincere ovunque. Tuttavia sente la mancanza di alcune emozioni, l'impossibilità di gareggiare nelle gare nazionali, nella sua Inghilterra, di avere il contatto con la sua gente lo rende insofferente. Vuole cercare una via di fuga dalla gabbia dorata che MV gli aveva costruito intorno. Il conte Agusta aveva infatti imposto il divieto di prendere parte a qualsiasi altra gare con moto non MV ed il contratto in essere parlava solo di gare di campionato del mondo con qualche apparizione in gare sporadiche, tipo Spagna o Italia. Il conte non voleva alimentare quello che parte della stampa Italiana andava scrivendo, ossia quando Big John correva vinceva, sia alla guida di una MV che con qualsiasi altra moto.

Alla fine del '59 nonostante le 13 vittorie su 13 gare e i due titoli mondiali non è felice, l'ìmpossibilità di correre nelle numerose manifestazioni in Inghilterra ma anche di non poter gareggiare con la MV nelle cilindrate inferiori lo porterà a bussare all'ufficio del Conte per ottenere una deroga al contratto, la risposta fu diretta "No, lei disputerà solo le prove di Campionato del Mondo". Si mise quindi a leggere bene il contratto, nulla proibiva di correre con mezzi differenti dalle moto, fu così che iniziò a balenare l'idea delle automobili. Volontà che si concretizzò immediatamente l'Aprile del 1960 a Goodwood a bordo di una Cooper Formula Junior.

In quel 1960 quando John decise di intraprendere una nuova sfida. Una sfida che lo avrebbe portato ad essere sul tetto del mondo prima e sul tetto della storia poi.

Il più grande, l’unico, nessuno come lui.  Quando i giapponesi bussano alla porte del motomondiale e la MV decise di prendersi “una pausa di riflessione” dando per il ’61 al solo Gary Hocking suo compagno di squadra  il compito di tenere alto il nome MV con delle quattro cilindri private, altre emozioni faranno battere il cuore di John.  

Inizierà con una Lola per raggiungere l’apice con un'altra casa italiana, che molte somiglianze ha con MV, ma in questo capitolo della sua storia le ruote non saranno più due ma quattro, e con quelle quattro ruote riuscirà a vincerà un mondiale di formula 1.

Abbiamo voluto raccontare di John, soprattutto della sua prima parte di carriera per raccontare di un uomo, che nella sua vita agonistica ebbe solo 4 cadute, lui dice grazie al rituale propiziatorio che lo voleva presentarsi alla partenza sempre non indossando mai qualcosa di nuovo, ma sempre cose usate, perché rappresenta un esempio.

Per arrivare in cima servono doti fuori dal comune e queste doti sono state massimizzate da parte di quel ragazzino che a 16 anni passava i pomeriggi e le sere a forar telai oppure da pilota deluso dalle continue rotture della moto inseguiva il patron della casa per cui correva in un treno per parlargli, per ottenere il meglio da se stesso ma anche dagli altri. Avrebbe forse vinto tanti altri mondiali a bordo della MV eppure non seppe accontentarsi, accettò nuove sfide, sempre alla ricerca di emozioni nuove. 

Big John è stato il più grande di tutti ? Questo non possiamo dirlo ma, dati alla mano nessuno ha mai raggiunto i suoi numeri ed è riuscito a fare quello che è stato in grado di fare questo campione unico. 

 

John disse che il contributo fondamentale ai suoi successi va ripartito tra i suoi genitori: il padre, che gli trasmise la passione, e la madre che in un epoca in cui moriva un pilota a settimana non fece nulla per dissuaderlo ma spesso lo aiutava nelle pratiche burocratiche di iscrizione..

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