TT - Tourist Trophy

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Parlare di TT incute un timore riverenziale che ti spinge a rimandare ad altre letture, verso autori “qualificati” che hanno scritto pagine in grado di far emergere l’essenza di questa incredibile gara e le emozioni che si annidano in essa. Tuttavia vogliamo parlare del TT e farlo come si fa tra amici, seduti intorno ad un tavolo con una birra in mano in una notte di estate all’aperto, nella miglior tradizione di oggi per far rivivere il mito e tramandarlo alle nuove generazioni.

Sul TT si potrebbero scrivere – e molti già l’hanno fatto – libri, in questo spazio vorremmo dar voce al nostro narratore che alla seconda birra ci racconta delle origini di questa incredibile gara così da poter spiegare al ragazzo vent’enne seduto di fronte a lui da dove nasce la gara su strada più famosa dl mondo.

“Vedi...tutto nasce dalla privazione, dalla negazione... quando ti sottraggono qualcosa, allora ti batti per riaverla e spesso nasce qualcosa di unico, folle e magico. Qualcuno ci ha sottratto una parte di noi e la voglia di non sentirsi sconfitti radicata nel nostro io, la volontà di riottenere ciò che avevamo ci anima e ci motiva. Spesso questa mancata obbedienza alle regole, la voglia di disobbedire alberga in quelle anime più inclini all’adorazione di divinità pagane con magari riflessi diabolici. Si dice, infatti, che erano i sabba infernali ad aver luogo in quella terra che aveva per abitanti streghe e maghi e che corrisponde al nome di Elan Vannin, ai più conosciuta come Isola di Man. Fu questo spirito che ancora risiede in questa terra abitata da strani esseri, primi fra tutti gatti senza coda, che nel 1907 prese forma la più famosa e tragica corsa su strada: il Tourist Trophy. Una gara i cui contrasti si rispecchiano in maniera speculare in questa isola, a partire da quelle contrastanti condizioni climatiche ambientali, una gara così bella come le ginestre in fiore dell’isola, ma così spettrale e tetra come le notti di nebbia e burrasca che sembrano intonare un arcaico richiamo ad altri mondi.

Come dicevo fu la negazione l’origine di tutto, la decisione del Regno Unito di abolire le gare su strada ed imporre il limite di 33 Km/h ai veicoli a motore. Le 256 curve da fare in poco più di 60 chilometri  dell isola di Man erano già luogo di una corsa automobilistica denominata appunto Tourist Trophy ed anche per la nascitura gara di moto che un gruppo di appassionati volle organizzare per quell'anno, fu mantenutolo stesso nome. Tourist Trophy…un nome che diventerà un qualcosa di mistico per tutti i motociclisti. All’inizio, com’è insita nel nome la gara, era una competizione di regolarità e potevano parteciparci solo moto da turismo divise in due classi: mono e bicilindriche con limiti di consumo di carburante a stabilirne il carattere turistico della gara. La svolta che la porterà da gara turistica a competizione vera e propria, avverrà nel 1920 quando divenne a tutti gli effetti “The Mountain” la gara stradale per eccellenza.

...oggi come allora

Nel corso degli anni con il progresso della tecnologia, della meccanica e con l’aumento esponenziale delle prestazioni delle moto le corse su strade sono state abolite in quasi tutti gli stati, da noi prima la Milano Taranto poi la Mototemporada sono state messe sull’altare del progresso e della modernità relegandole a semplici commemorazioni di manifestazioni di altri tempi. All’isola di Man non è così anzi in questi ultimi anni è aumentata la copertura mediatica e gli sponsor hanno iniziato a diventare protagonisti creando tra i piloti veri e propri personaggi che mettono - oggi come cento anni fa - a repentaglio la loro vita in quell’unica successione di curve, avvallamenti e rettilinei. Un tracciato di una pericolosità estrema e che sembra richiedere, come un rituale satanico, il proprio tributo di sangue e sacrifici umani, quasi ad autoalimentarsi e far crescere il mito TT tanto che ormai si è oltrepassata la soglia di un morto ogni miglio da parecchio tempo.

Morti di ogni credo e bandiera, anche i nostri colori hanno riempito questo calice di sangue. Gilberto Parlotti nel 1972 e Marco Fattorelli, passeggero di sidecar di Franco Martinel nel ’88, hanno esalato il loro ultimo respiro su quel circuito mentre altri subirono incidenti devastanti, su tutti Bruno Ruffo nel '53 su Guzzi, Tarquinio Provini con la Benelli nell’edizione del ’66 e Baldassare Monti in epoca più recente. Tuttavia questo non limita il numero dei piloti iscritti che ogni anno da ogni nazione sono sempre numerosi e con un tasso tecnico di primissimo livello. Medie sul giro impressionanti a dispetto delle caratteristiche del tracciato dei suoi dislivelli, dei suoi dossi e soprattutto della totale mancanza di vie di fuga, una piccola strada che si snoda fra case, alberi, muri, recinzioni e marciapiedi, prestazioni cronometriche che ogni anno si abbassano lasciando basiti noi comuni mortali.

Campioni che hanno realizzato epiche imprese in questa terra a se, bastano pochi nomi per comprendere il valore assoluto di chi ha vinto quest’unica manifestazione. Su tutti l’immenso Joey Dunlop, vincitore di 26 gare ed attuale primatista insediato da John McGiunness con le sue 20 vittorie.

Un piccolo tributo delle vittorie del solo ed unico Joey.

Facendo scorrere l’elenco dei vincitori è bene sottolineare che il primo straniero a vincere fu Omobono Tenni, The black Devil e anche questa è un’altra storia che merita di essere ascoltata. Oppure ancora tra i campioni da ricordare c’è anche quel figlio di papà diciottenne che si presentò al circuito accompagnato dall’autista al suo secondo anno di corse e s’iscrisse alle classi 125-250-350 e 500 e terminò terzo nella 250, settimo nella 125, dodicesimo nella 350 e tredicesimo nella 500. Tre anni dopo quel ragazzo di buona famiglia che corrispondeva al nome di Mike Hailwood vinse nella 125 e 250 con la sconosciuta Honda e nella 500 con la Norton. Vincerà complessivamente 14 volte con l’ultima vittoria datata 1979.

Questa l'incredibile vittoria numero 13 su Ducati anno '78.

Poi ancora Agostini, che proprio con Mike The Bike realizzò epiche battaglie, che alla guida della MV vinse 10 volte divise nelle classi 350 e 500. Da segnalare, a proposito di accoppiate italiane, gli altri binomi tutti tricolore, il già citato Tenni-Guzzi del ’37, Ambrosini-Benelli nelle 250 del ’50, Ubbiali-MV nel ’55 e Provini-Mondial  nel '57. Altri anni, altri momenti, quando il TT era ancora valido come prova di campionato del Mondo e tutti i migliori piloti erano presenti.

La svolta avvenne nel ’76 quando alcuni corridori, capitanati da Agostini che già da alcuni anni non prendeva parte alla corsa dopo la morte di Parlotti, scioperarono per la pericolosità del tracciato e da allora fu cancellato dal calendario ufficiale del mondiale. Oggi il TT è un evento totalmente indipendente, una manifestazione fine a se stessa in grado di richiamare un numero incredibile di appassionati che letteralmente invadono l’isola e ne rimpinguano le casse statali.  Un’intera isola che si ferma per due settimane per rimettere in scena le gare delle diverse categorie che oggi sono: Sidecar, Zero, Leightweight, Supersport, Superstock, Superbike e Senior.

Un giro al TT

Appassionati alla ricerca della radice primordiale dell’essere motociclista, e ancor più di una concezione ancestrale dell’essere umano, la lotta contro se stessi, contro un cronometro. Oggi non ci sono più i campioni del Motomondiale ma piloti unici tutti accomunati da un fattore, essere gente con le palle, gente alla ricerca dell’emozione. Un’emozione unica….quella di giocare a scacchi con la morte e non subire scacco matto.  Coraggio? Incoscienza? Disprezzo della vita? La disperata ricerca dell’essenza stessa nella vita? Cosa spinge un uomo ad affrontare quelle 256 curve a medie di oltre 200 Km/h? Siamo animali e ci nutriamo di emozioni, il pane dell’anima sono le emozioni e poche altre cose nel mondo possono far provare emozioni così intense come un giro al Mountain. A conferma di questo basta sentire i racconti dei piloti e di chi quel giro, a una media spaventosa, lo ha compiuto. Gente alla ricerca di emozioni…di forti emozioni e forse per questo che il TT ha quel fascino da cui tanti sono attratti, perché è una delle poche "droghe" moderne legalizzate, il tutto su due ruote, quelle di una motocicletta in grado di trasmettere quelle emozioni che richiamano all’essenza stessa della vita. Perché come si può assaporare la vita al massimo se non sfidando la morte ?

 

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