Sarajevo e mostar

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Un viaggio  in due città flagellate dall’assurdità umana...per non dimenticare

 

L’immagine simbolo di tutto...a pochi metri di distanza un campanile e un minareto a Sarajevo.

Ancora un volta le religioni hanno portato guerra e morti e tutto questo a pochi chilometri da noi. Una meta diversa, un itinerario per riflettere e cercare di capire. Sarajevo e Mostar passando attraverso  la Bosnia, qualche centinaia di chilometri dal confine per vedere quello che è stato.

 

Sì perché bastano pochi chilometri, magari con un pernottamento prima a Lubiana, per arrivare alla prima meta del viaggio, la capitale della Bosnia, la città oggetto dell’assedio.

All’arrivo si rimane affascinati dall’aspetto mediorientale e dalle  bellezze locali ma subito tutto viene scacciato dalla presenza che ancora aleggia e si respira in ogni angolo della città.

La cosa che più colpisce è la vicinanza storica….pensiamo alla guerra come a qualcosa di lontano, da documentario, sussidiario o  enciclopedia, eppure a pochi chilometri da noi ci sono nostri coetanei che hanno combattuto, sparato e altri che sono morti. Uomini pronti a uccidere per un ideale i propri simili, l’annullamento dell’essere umano per qualcosa di indefinito, mistico radicato nelle nature e negli animi.

Sarajevo sembra essere la riproduzione della  città mediorientale in cui  convivono, le tre importanti religioni, a un certo punto della città alzi gli occhi e vedi una moschea, una sinagoga ed una chiesa cattolica.

Questo forse spiega quello che è successo. I palazzi con ancora i segni dei mortai ti spingono a cercare una risposta e per capire cosa significava vivere in quei giorni di assedio si va alla ricerca del famoso Tunnel. Davvero  difficile da trovare come se volessero tener coperta una ferita ancora viva, nascondere la polvere sotto il tappeto. E dopo aver percorso i viali oggetti dei cecchini in periferia, fuori città finalmente lo troviamo.


Il Tunnel di Sarajevo aveva lo scopo di collegare la città di Sarajevo, che era stata interamente isolata dalle forze serbe, con l'area neutrale dell'Aeroporto istituita dalle Nazioni Unite. Scavato da parte di volontari bosniaci che lavoravano a turni di 8 ore, la galleria fu completata a metà del 1993. L’opera permise alle riserve alimentari e agli aiuti umanitari di raggiungere la città e alla popolazione di fuggire. Il tunnel fu una delle principali vie per oltrepassare l'embargo internazionale di armi e per fornire ai combattenti nella città le armi necessarie. In effetti, si è spesso detto che il tunnel abbia salvato Sarajevo.

Con in mente, chissà per quale associazione, Underground di Kusturiza il viaggio prosegue vero un’altra città simbolo del delirio umano di prevaricazione e di dominio, che ancor più della capitale della Bosnia mostra in maniera così violenta e prepotente i segni della follia umana.

Oggi sul ponte i giovani locali radunano turisti esibendosi in tuffi dal punto più alto, per poi passare tra loro a raccogliere le offerte. Il ponte opera architettonica di primissimo livello,e riconosciuto come patrimonio mondiale dell’Unesco,  ha connotati che vanno oltre al suo ruolo e alla sua funzione.

Il ponte che per secoli ha unito i quartieri croati e quelli musulmani della città oggi è divenuto una barriera. Sembra di oltrepassare una dogana. Da luogo di transito, di passaggio e di comunicazione ora è diventato un simbolo invalicabile. Dopo la guerra nessuna interazione è venuta a crearsi, anzi la competizione sembra quasi aumentata.

Penso di aver visto, nel quartiere croato, uno dei campanile più alti mai visti, che svettava in mezzo al nulla, quasi a far una gara  al minareto che si ergeva a pochi metri sull’altro lato del ponte, quello musulmano. Cercando di capire qual è il più alto, una semplice e banale considerazione porta a pensare che ancora un volta l’essere umano si imbatte nella arcaica guerra del chi lo ha più lungo.

Mentre si ritorna al tempo attuale mille domande si sovrappongo, cerchi di capire la storia, le alleanze, le origini di tutto ma poi alla fine ti rassegni.

Piegando sulle strade delle campagna bosniaca, all’ennesima curva vedi in lontananza su una collinetta un cimitero improvvisato, lapidi in mezzo ad un bosco e capisci che risposte non possono essercene, l’essere umano ha anche questi lati e queste sfaccettature e non esiste limite a quello che può mettere in atto.  E pensi che se fossi nato a Teheran saresti musulmano, in India induista, e così via.

E ancor di più capisci quanto è importante la forza della memoria nella speranza che questa possa impedire che quello che è successo possa accadere nuovamente soprattutto se per opera della fede.