Intervista a Alex Polita

 polita

E' di moda in questi ultimi mesi, da parte degli organi della stampa istituzionale, andare alla ricerca del perché dai tempi di Valentino non abbiamo più avuto piloti in grado di battagliare per i podi con gli spagnoli. Le argomentazioni spaziano in motivazioni che vanno dal problema generazionale, a quello culturale fino a quello filosofico. Tutte considerazioni valide ma a nostro avviso invece di guardare la luna guardano il dito: il vero motivo è solo uno.

Da parte nostra abbiamo la certezza che alcuni nostri piloti se supportati nei modi giusti darebbero paga a molti iberici, tuttavia questi piloti non hanno la possibilità di esprimersi semplicemente perché l'ambiente è degenerato in maniera abnorme, oggi ancor più che in passato per aver una moto buona non devi saper andar forte ma devi avere una valigia piena di sponsor. Abbiamo il piacere di intervistare uno dei piloti che maggiormente è vittima di questo sistema, un pilota i cui numeri dicono che è un vincente e sa dare del gran gas eppure ogni anno fatica a trovare una moto con cui dimostrare il suo valore. Un pilota che ha passato dei mesi difficili e vogliamo ringraziare del tempo che ci dedica. Oggi vogliamo porre qualche domanda al pirata di Jesi, Alex Polita.

Buongiorno Alex, innanzitutto grazie per la tua disponibilità in un periodo come questo, prima di tutto puoi dirci come stanno Alessia e Eddi?

Ale dovrebbero dimetterla giovedì, la situazione è stabile e stiamo valutando l’entità del recupero. Eddi è stato dimesso ed ora è a Roma in un centro di recupero, l’ho sentito carico e sono ottimista.

Possiamo dire a tutti gli effetti che è stato un anno di merda.

Altrochè, diciamo che siamo partiti male con le scelte professionali fatte poi se né aggiunta una dietro l’altra.

Sappiamo che tu sei un vero appassionato di moto, che la moto ce l'hai nel sangue , puoi dirci com’è nata questa passione ?

Ci è stata trasmessa da nostro padre che correva  nel  ‘94. Sono cresciuto nei paddock e posso dire di sentirmi fortunato per questo.

Dati alla mano i numeri parlano per te: hai vinto campionati,  dimostrando non solo di saper andar forte ma anche di gestire le dinamiche di una competizione a più tappe, tuttavia nessun approdo in team ufficiali,  possiamo dire che sei l’esempio perfetto di come i criteri di scelta dei piloti da parte dei team non siano fatti sulle capacità ma dettati da altri parametri. Se non hai il tuo bel valigione di sponsor non hai la moto, questa cosa la conosciamo bene, ma com’è degenerata negli ultimi anni?  

E’ stata una cosa esponenziale. Ormai  la situazione è arrivata agli estremi e ai limiti del paradosso. Gente titolata che ha vinto campionati e che cronometro alla mano va forte, non viene neanche presa in considerazione, ma vengono preferiti quei  piloti che magari prendono 1 secondo a giro ma possono portare sponsor ai team. Oggi ci sono piloti fortissimi che sono a piedi o devono correre con squadre secondarie. La situazione è ancor più critica in Italia dove vengono spinti i soliti nomi.

In Inghilterra se vinci il campionato nazionale vai a far il mondiale, qui da noi se non porti soldi non corri. Qual è il ritardo del nostro paese?  

Io so solo che se in Italia vuoi approcciarti al motociclismo devi avere le spalle ben coperte.

E il lavoro che sta facendo la federazione per i giovani, vedi team italia?

Fantastico…ma siam partiti 20 anni dopo.   Sicuramente stan facendo delle cose belle ma io avrei fatto diversamente, ma parlo da pilota e la vedo in tutt’altro modo. Ci siamo svegliati veramente tardi.  Oggi è difficile sentire suonare il tricolore su qualche podio, tolti i soliti noti che ormai han dato, piloti validi a mio avviso sono ben pochi. Magari i campioni arriveranno però intanto abbiamo avuto un vuoto.

Eppure a mio avviso piloti come te o ad esempio Baiocco che potrebbero dire la loro ci sono anche da noi.

Eppure ogni anno siamo lì a sudarci la moto. Quello che mi fa incazzare è che quando ci sono state date le possibilità le abbiamo sfruttate, ed abbiamo dimostrato sul campo il nostro valore. Eppure il giorno dopo la conquista di un titolo o una bella prestazione nessun telefono che squilla o quando rispondi ti senti dire “se vuoi fare il campionato ci devi portare X”.

Come sarebbe stata la carriera di Polita se avesse avuto passaporto Spagnolo o Inglese?  

Bastava inglese, per mille motivi, penso sarebbe stata molto diversa.

E' sotto gli occhi di tutti che l’ambiente è diventato terreno fertile per gente che poco ha a che fare con lo sport, cosa ti spinge ogni anno ad andare alla ricerca di una moto con cui dimostrare il tuo valore?  

Quando ami qualcosa lo fai a prescindere. Dopo poco quello che era successo a Alessia io ero ad Imola e tutti mi chiedevano come facevo a essere lì, che "non potevo esserci con la testa", beh ho fatto quasi un podio. Amo andare in moto e sono conscio delle mie possibilità. Ho consapevolezza nei miei mezzi e sono convinto di non aver ancora sparato le pallottole giuste. Prima o poi arriveranno quelle buone. Oggi sebbene sia a piedi, da quando si è stabilizzata la situazione di Alessia mi alleno 2 volte al giorno per 4 giorni a settimana. Potrei starmene a casa a dar una mano in officina, ma lo faccio per tenermi pronto per quando arriva la chiamata.

Tuttavia qualcosa di bello c’è ancora, la passione che si respira nel paddock è tangibile e ci sono persone che fanno tutto questo per passione e con onestà. Quali sono le persone che ti hanno maggiormente dato sensazioni positive in questi anni?

In primis me stesso. Nonostante tutta la merda che vedo in giro sento ancora la voglia smisurata di andare in autodromo. Poi sicuramente il mio babbo che con il suo trascorso di pilota è stato e continua a essere qualcuno con cui confrontarmi. Nel mio cammino professionale però insieme a molte merde ho avuto la fortuna di conoscere persone eccezionali, una su tutte Marco Barni. Penso che non incontrerò una persona così onesta, sincera e leale come lui.  Non ha mai fatto meno o di più di quello che avevamo convenuto. Una persona eccezionale,  tra  i tanti episodi mi viene in mente quando non avevamo  budget per andare a fare la wild card al mondiale però ci siamo andati lo stesso perché secondo lui in quel momento ero meritevole di essere messo in vetrina. Delle qualità umane che è riuscito anche a trasmere a tutte le persone che lavorano con lui.

Hai tastato con mano i campionati esteri. Quali sono le differenze principali che hai riscontrato?

Ritengo che tutto sia da ricondurre ad un fattore mediatico. Qui da noi si parla solo dei soliti noti, mentre all’estero c’è copertura televisiva sui campionati nazionali e di conseguenza c’è anche la risposta del pubblico. In Inghilterra ci sono gare sotto il diluvio e i paganti sono oltre 30 mila. Se un campionato è un campionato nazionale, che sia anche di moto o anche solo di ping pong, dovrebbe essere valorizzato al massimo dalla sua federazione e dai media del settore. A mio avviso servirebbe una maggiora visibilità e un maggiore impegno da parte di tutti a far conoscere il prodotto CIV.  L’appassionato deve essere invogliato verso il prodotto e questo lo fai pubblicizzando i suoi protagonisti e le sue caratteristiche.

Torniamo al passato recente, sei stato uno dei primi a guidare quello spettacolo di moto che oggi viene sbeffeggiata da tutti, su internet da alcuni viene definita come il più bel cancello a due ruote. Qual è il tuo giudizio sulla panigale?

E’ sicuramente la moto più bella che ho mai guidato e sono stato uno dei primi a provarla in pista. All’inizio devo dire che abbiamo fatto un pò fatica tutti quanti, però sinceramente io non la vedo così cancello, perché comunque Eddi stava dominando il campionato e nel mondiale fa fatica comunque perché è un progetto nuovo, che si stava scontrando contro moto già rodate.  Ma soprattutto io ritengo che il problema in SBK sia strategico più che di moto. Carlos non può fare tutto, il pilota, il tester e lo sviluppatore, non deve essere lui a fare il lavoro sporco. A mio avviso gli andava affiancato  un pilota che lo aiutava, uno con una voglia di fare e mettersi in mostra  tipo uno  Xaus dei tempi per capirci.

Detto questo, mettiamo il caso che ti stai allenando, e a fine sessione si avvicina un ragazzino delle tue parti e ti dice “Ciao Alex, vorrei fare il pilota anch’io”, cosa gli dici?

La prima cosa che mi verrebbe in mente sarebbe “Ma sei matto?”.  Il fatto è: come fai ad avvicinarti al motociclismo oggi? Non saprei cosa dirgli. Ad uno normale, tipo me, con il papà che lavora in officina e la mamma al supermercato, come puoi dirgli di intraprendere la carriera di pilota? Vai a comprati una moto, fai qualche gara, magari  vinci e  vinci pure il campionato, pensi che qualcuno ti nota e ti offra di correre a costo zero ? Se io avessi un euro per ogni pacca sulla schiena che ho preso per le gare belle che ho fatto oggi farei il mondiale motogp.

Invece oggi sei fermo e ancora nessun programma per il 2014.

A parte la situazione familiare che resta nella sfera privata,  posso dire che a livello fisico e mentale non sono mai stato così in forma, sono libero da alcune pressioni professionali che avevo prima e so che potrei esprimermi al meglio. Forse analizzando un pò la mia carriera avrei dovuto puntare più sul curare l’immagine e promuovermi meglio. Il fatto è che io non sono un uomo di marketing, non riesco a paracularmi la gente, sono un pilota ed ho sempre pensato che dimostrando sul campo il mio valore i riscontri sarebbero arrivati.  Penso che prima o poi il momento deve venire per tutti, l’importante è farsi trovare pronto quando arriva.

Per chiudere vorrei chiederti, visto che il nostro sito parla di emozioni, quale emozione vorresti vivere.

Solo una, quella di uscire dal box di un team di una moto ufficiale. Il momento in cui metti la prima ed il meccanico ti da una pacca sulla spalla e ti dice “vai”. 

Il nostro augurio di cuore ad Alex, che finalmente la meritocrazia possa arrivare in questo sport e un super in bocca al lupo per i momenti extrasportivi e professionali che sta passando. Forza pirata!!! 

I migliori prodotti per bikers solo da

Le nostre interviste