Intervista a Paolo Beltramo

Ci sono personaggi che sembra  abbiano fatto sempre parte del mondo delle due ruote. Persone che raccontano le gesta di piloti, le loro storie  e ci aiutano a conoscerli meglio. Oggi abbiamo il piacere di pubblicare il nostro incontro con una di queste persone. Per anni ha coadiuvato i commentatori della motogp e da quest’anno è passato in superbike. 

Abbiamo voluto conoscere l’inviato dai box, colui che con lo zaino sulla schiena in qualunque condizione meteo si aggira nel paddock per strappare una dichiarazione, un'impressione a piloti, meccanici e team manager. Un grazie a Paolo Beltramo per il tempo concesso ed iniziamo la nostra chiacchierata facendoci raccontare come è nata la passione per le moto e come ha iniziato la professione. Le moto mi sono sempre piaciute, a  12 anni rubavo quella  di mio cugino, un gilera 98 e mi divertivo da pazzi poi a 14 arrivò il primo motorino un Ciao. Dopo la maturità ho fatto il meccanico di moto  per un anno e mezzo. La svolta fu dopo che conobbi un amico che lavorava per Repubblica cui misi non poca pressione per diventare inviato dai gran premi.

Ricordi la prima uscita come invitato? Fu nel ‘77 per la 200 miglia di Imola. Se vogliamo parlare di inizio della professione  è possibile datarla ‘78 quando conobbi Perelli di motociclismo. Il primo lavoro fu un pallosissimo articolo su un fondo consortile di  assicurazioni. Sempre quell’anno però riuscii ad intervistare Virginio Ferrari. Nell’aprile ‘79 Franco Varisco mi chiamò chiedendomi se volevo andare a seguire il mondiale con Virginio. Andai a motociclismo informandoli di questo  e da lì iniziò il mio vagabondare.

Un altro motomondiale, altro ambiente. Chissà quanti aneddoti. Ce ne sono tantissimi. Salisburgo dentro la tenda un freddo boia e acqua che veniva a catinate e poi verso le 4 di notte finalmente pace, il rumore della pioggia era cessato: mettemmo fuori la testa dalla tenda e nevicava. Poi Svezia e Finlandia con mio fratello, Carlo Florenzano e un amico brasiliano su un maggiolino: 7000 chilometri dormendo sempre in tenda. Un’altre epoca.  Guadagnavi pochissimo ma spendevi anche pochissimo.

Riuscivi a mantenerti facendo solo l’inviato ? Iniziarono anche i comunicati stampa con Aprilia e Cagiva grazie all’aiuto di Pernat. Devo ammettere che all’inizio ebbi molti aiuti, a partire da Lucchinelli nel darmi da mangiare, metteva sempre due etti in più di pasta. Ancora oggi mi dice: ti davo da mangiare come ai gatti.

Quando il passaggio dalla carta stampata alla televisione ? La prima volta fu nel ’81 su telemontecarlo, che stava facendo  i primi esperimenti di tv, del girato  16 mm su pellicola.  Poi nel 85-86 Cereghini cercava un sostituto,  perché  lui in luglio-agosto doveva andare  in vacanza e mi chiamò  a Grand prix. Da lì inizio la collaborazione continuativa.

Sempre seguendo il motomondiale ? Dopo quell’esperienza ho fatto due Dakar, una in aereo l’altro in auto.

A differenza di tuoi colleghi tu non hai subito il fascino del deserto, che ricordo hai di quella gara. Ad alcuni viene il mal d’Africa, a me è venuta la Saudade, la malattia del Brasile. Della Dakar non ne sono rimasto folgorato,  per me due bastano e avanzano. Il ricordo che porto con me è la sensazione di buio e di silenzio che ti avvolge in maniera totale la notte.  Questo però è un ricordo legato al deserto più che alla Dakar. Della gara mi ricordo le contraddizioni. Una grandissima povertà a far da contorno a una gara imperialista: troppi sboroni ricchi in mezzo alla povertà assoluta. Una cosa che fa male. Vedere bambini affamati che ti corrono incontro e vengono tenuti lontani da soldati con mitra ti tocca.  La gara in se era bella, affascinante e ritengo sia stata colpa della tv e della tecnologia se ha perso il suo fascino.  Il bello della Dakar era quando c’era il mistero, non la cronaca quotidiana e le immagini a raccontarla.

E come è nato Paolo Beltramo dai Box? Nel ’90-’91 ai tempi di Capodistria in cui facevo la seconda voce con Nico. Poi arrivò Telepiù e mi dissero di andare nei box. In realtà a me questo non piaceva, mi sembrava una dequalificazione, da far la telecronaca a passare al muretto dei box. Invece la prima volta  fu a Jerez e andai sul tetto del motorhome di Kenny Roberts in cui stava guardando Lawson girare. Quando andai fin sul tetto a intervistarlo capirono e forse capii  che quello era il mio posto.  

Quali sono le difficoltà principali che incontri? Ricordami i nomi, son troppi. Specie ora in Superbike che sono tantissimi.

Hai vissuto il mondo delle moto da dentro fin dagli anni ’70, com’è cambiato l’ambiente sopratutto dal punto di vista umano.   E’ cambiato tantissimo, come è cambiata la società. Quello era il mondo del senza: senza casco, senza cintura, senza telefonino, trombavi senza preservativo. Un mondo più semplice con meno cose ma con più sogni.  Io ho nostalgia di quegli anni, di quella musica.  I piloti si vedevano e si divertivano tra loro, il clima era davvero bello.

Se dovessi identificare il punto di rottura tra questo motocilclismo romantico e quello “moderno”? L’arrivo della Dorna a metà anni ’90.  Quando dai l’anima e lo sport ai commercianti quelli se li vendono.

Che valutazione gli dai ? Per molte cose ottima, hanno migliorato tantissime cose. Il miglioramento  dell’ informazione ad esempio  e hanno portato il motomondiale in posti diversi.  Sono convinto però che ora avendo acquistato anche i diritti della SBK abbia troppo. Per me dovrebbero imporre ad un pilota, un Iannone  un Espargarò o uno Smith ad esempio di fare un anno in SBK. Almeno creerebbero un personaggio che ritengo sia il problema più grosso della attuale Superbike, la mancanza di personaggi.

Per me ha rovinato tanti aspetti del nostro sport. Ti senti di muovere qualche altra critica? Un po’ troppo Spagna. Ci sono troppi spagnoli dappertutto. Dalla gestione dei motori, fino alla Clinica mobile. Poi cambiano i regolamenti dalla mattina per la sera.  Quando c’era la Federazione si diceva che erano dei dilettanti, però quel tipo di federazione  era fatta da veri appassionati. C’era gente come Luigi Brenni che dava l’anima a questo sport. Come ho detto prima se dai l’anima di uno sport a dei commercianti questi se la vendono.

A questo punto vorrei chiederti se nel motociclismo c’è ancora passione? Ci sono piloti che corrono a pezzi, meccanici che fanno la notte.C’è ancora tanta passione, manca in chi organizza e gestisce. 

E i piloti come sono cambiati ? Anche loro sono cambiati,  c’è più plastica. Mancano personaggi come il Sic, lui incarnava uno spirito antico.  Forse questo spirito si può ritrovare in Valentino e Marquez. 

Vedi un atteggiamento di distacco tra i piloti e la gente? La tv, la mediaticità esasperata crea questi ghetti dorati. Se pensi che la gente mi ferma per strada per fare foto insieme a loro. Se io non mettessi la faccia in tv non mi cagherebbe nessuno. Una volta era tutto più semplice, tra loro parlavano, si divertivano.

Parlando di piloti chi personalmente ti ha dato di più? Quelli del passato Ferrari, Lucchinelli e Paci. Di quelli recenti il Sic, Barros, Valentino ma anche Lorenzo.

Talenti inespressi? Lucchinelli avrebbe potuto ottenere di più se non fosse stato una rock star. Lavado e Mamola,potevano vincere di più anche se forse c’è un motivo per cui un pilota fa tante volte  secondo. Forse han vinto quelli che dovevano vincere.

Un mondo che è cambiato totalmente e Paolo Beltramo come ha vissuto questo cambiamento? Ci ha messo 35 anni per cambiare ed io sono cambiato con lui, mi sono adattato. Certo è diverso, forse è cambiato in peggio.

Quali sono le cose che maggiormente ti danno fastidio? La cosa sbagliata per me oggi è la la paytv con quel conflitto di interessi spaventoso che si porta dietro. Vale sta facendo un lavoro della madonna con il suo team, ma con che spirito Gresini o altri investono nella moto3 sapendo c’è un loro rivale che ha un risalto mediatico e un potere di quel tipo? Dorna non dovrebbe permettere questo e invece è così anche in Spagna con Yamaha Movistar e movistar è quella che trasmette in paytv le gare. Non puoi consentire che chi ha i diritti esclusivi sia anche sponsor. 

Un conflitto di interessi su più fronti, anche a livello di stampa.  Dici bene, guarda i giornalisti, li vedi che si abbracciano ed esultano per un risultato del team del loro datore di lavoro. Noi ci abbracciavamo perché o vincevano gli italiani o perché qualcuno aveva fatto una gran gara, non perché vinceva il mio team.  Boh sarò un romantico.

Come rispondi a quelli che ti dicono che oggi sei dall’altra parte, in quel campionato che fino a poco tempo fa definivi come la serie B del motociclismo ? Rispondo loro dicendo che  effettivamente sono andato in serie B. A mio avviso rimane la serie B. Dopo 35 anni di motomondiale ora sono in Superbike, ho trovato gente che già conoscevo e tutto sommato mi trovo bene. L’ambiente è ospitale e professionale ma poi ognuno ha i suoi gusti ed io amo i prototipi e non mi piacciono le derivate di serie, per me è inconcepibile che una moto da gara si accenda con un pulsante.

 Questione di moto o anche piloti? Moto e livello dei piloti, in senso assoluto. I campioni del mondo Superbike, facendo solo qualche nome Toseland, Russell, Spies, Edward, Bayliss cosa hanno fatto in motogp ? Non sono io che mi invento i fatti.  Quelli della SBK appena hanno la possibilità passano nel motomondiale, mentre quando finiscono la carriera in motogp vanno in Superbike. Se come dicono alcuni è un campionato più da uomini  a me piacciono le donne. 

 Quanto ti manca vedere dal vivo le imprese del nuovo fenomeno Marquez.Quel ragazzo è un predestinato e si sta meritando tutto quello che sta raccogliendo. Certo ha avuto la strada spianata, ma se l’è conquistato tutto il successo che sta avendo.

 Hai visto le imprese ed hai conosciuto Vale che valutazione dai all’uomo e pilota Rossi?  Lo considero una persona intelligentissima, l’unica cosa che è diversa da quello che potrebbe sembrare è la spontaneità. Lui ha quasi sempre tutto sottocontrollo , non dice mai niente a caso, non è quella persona spontanea che potrebbe sembrare. E ‘ divertente e piacevole stare insieme ma le sue uscite sono sempre ponderate sugli sviluppi che potrebbe avere una parola o una frase.

 La tua valutazione sui due anni fallimentari in Ducati? Ci ha provato, gli hanno promesso delle cose che poi  non han dato i frutti sperati. Il problema di Ducati è quando hanno smesso di fare una gomma specifica per l’avantreno di quella moto.

 L’emozione più bella.  Ce ne sono stata tante, la prima che ricordo è stata la vittoria del mondiale in Finlandia di Lucchinelli. La più intensa quando il Sic ha vinto il mondiale e poi quando è arrivato in pit-laine ed io l’ho visto disidratato gli ho dato la mia bottiglietta d’acqua e lui mi ha chiesto: “Ah dio bò poi te come fai?”.  Aveva appena vinto il mondiale, era lì disidratato e si  preoccupato per me.  Un altro ricordo bello è stato quando Vale ha fatto entrare me e Meda nel suo motorhome a brindare al suo ottavo mondiale.

 Grazie mille a Beltramo dai Box!!!

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