Jason Cesco - L'incontro

Ti guardi intorno e capisci molte cose, quel sorriso che ha sempre stampato sul volto ha radici ben chiare. Ovunque volgi lo sguardo la presenza è lì intorno a te e forse, per chi è cresciuto in questi posti è incastonata dentro, come una pietra pregiata dentro un gioiello prezioso, impossibie da estirpare.
Perchè è quello che hai intorno che ti plasma e ti fa diventare ciò che sei. Forse non poteva provenire da nessun altro luogo l'unico atleta in italia a mettere a testa in giù un bestione di quasi 300 kg. Perchè per diventare atleta professionista di freestyle motoslitta servono caratteristiche che solo pochi possono avere. Doti e qualità che forse solo le montagne ti possono dare.


In Europa si contano sulla punta di una mano gli atleti in grado di eseguire il back flip con la motoslitta, in Italia l'unico e il solo è Jason Cesco e oggi sono qui, nella sua terra, nella sua montagna, nel suo bosco a conoscerne la storia.


L'essenza e la concretezza, due parole chiave per chi abita in montagna, persone che devono affrontare problemi reali, concreti e quotidiani. Dal gestire le abbondanti nevicate nei mesi invernali fino ai più semplici approvvigionamenti che ancora oggi sanciscono un legame diretto e tangibile con la terra. Praticità e pragmatismo senza troppi fronzoli. Per chi è cresciuto in una grossa città i pensieri e a volte i problemi sono spesso legati all'effimero, all'apparenza. Il fighetta milanese la cui preoccupazione maggiore è quella dell'abbinamento cromatico dei vestiti come potrebbe comprendere che ci sono persone che possono avere problemi di energia elettrica quando il tempo decide di far cader qualche traliccio lasciando senza energia per settimane case e abitazioni o più banalmente devono preoccuparsi dell'approviggionamento della legna per il riscaldamento delle abitazioni nel periodo invernale?

Problemi pratici, reali che vanno affrontati e risolti seguento un unico verbo: fare.

E' in queste radici, nelle montagne e nel bosco che va ricercata l'essenza stessa di un professionista in grado di regalare emozioni uniche durante gli show a cui partecipa in Italia e in Europa. "dopo gli show ho la necessità di tornare qui, andare nel bosco e camminare e ammirare gli scenari unici che solo le dolomiti possono offire".

Forse proprio per questo, essere lontano anni luce da alcuni mondi, non posso che trovarmi in sintonia con Jason. E' da tempo che volevo conoscerlo meglio ma volevo farlo sotto l'ombra delle sue montagne, nella sua Laggio di Cadore, il paesino ai piedi delle dolomiti che ne ha visto i natali.

Solo a respirarne l'aria rendi conto di essere in una dimensione diversa rispetto alla frenesia della pianura padana. Jason la prima volta che l'ho visto è stato alla mototerapia al palacoste di Savona e mi aveva impressionato oltre che l'aspetto atletico nel compiere i suoi trick in aria con la motoslitta tutto quello che c'era alle spalle del suo volteggiare in aria.

Aveva attraversato l'italia, oltre 500 chilometri per essere presente a un evento benefico, e già questo gli rendeva onore, ma vedere tutto il lavoro per mettere in scena la sua esibizione, dalla preparazione e fissaggio della sua rampa fino alla cura meccanica del mezzo mi aveva impressionato. Tante persone, ed io mi annovero tra queste, non saprebbero gestire un decimo di quello che gestisce Jason, dagli aspetti organizzativi fino a quelli pratici. Su tutte è la conoscenza dettagliata che non lascia spazio al caso della meccanica inerente alla sua motoslitta, il mezzo che gli ha permesso di ritagliarsi un posto di onore ai principali show europei di freestyle motocross. Un mezzo di cui se ne prende cura personalmente, non delegando a nessuno l'aspetto tecnico e meccanico “già ci sono troppe variabili nel mio mestire, non potrei mai perdonarmi se dovesse succedere qualcosa dovuto a un guasto o intoppo meccanico che si poteva evitare”. 

Il lavoro di manutenzione e controllo di un mezzo come questo è imponente e non può che confermarmi che è probabilmente questo, unito ai costi iniziali anche per entrare in possesso di una di seconda mano, che lo porta ad essere uno sport riservato a pochissimi“ci sono alcuni ragazzi che iniziano e mi contatto e inizialmente l'entusiamo è tanto, alcuni vorrebbero spaccare il mondo, ma poi ti scontri con quella che è la realtà  che significa sacrifici, tanti sacrifici e tempo sottratto ad altro, che a quell'età siginifica divertimento e spensieratezza. La gestione e manutenzione del mezzo è fondamentale e richiede tanto tempo, oltre che soldi che spesso non ci sono. Io ho avuto la fortuna di avere una passione che mi ha portato a superare sempre tutto e mi ha fatto sempre andare e guardare avanti”.  Dai primi giretti nei boschi con gli amici fino all'incontro con Justin Hoyer durante uno show, forse quella fu la svolta “dopo averlo visto, volevo fare come lui, volevo fare lo cose che faceva lui. Il mio pallino è diventato il back flip”.

Ci sono voluti 4 anni per raggiungere quel traguardo riservato a pochissimi al mondo. Prima sulle nevi amiche con amici fidati a dare supporto all'impresa "prima di farlo avrò girato un'ora....ho consumato tutta la neve intorno al muro di neve che avevamo costruito con lo scopo di far da rampa. Primo tentativo quasi al secondo: andata! " E dopo grande festa, perchè dopo una grande conquiesta ci deve essere festa a sugellare l'impresa". Da quel momento il passo successivo è stato obbligato: sulla terra. "insieme ad un amico che anche lui raidava con la motoslitta siamo andati al park di Alvaro e abbiamo provato. Presi dall'euforia del momento non abbiamo calcolato bene i tempi e quasi rischiavamo di farci male seriamente, lui si è rotto una gamba mentre io per fortuna nulla anzi, dopo qualche tentativo ho raggiunto anche quel traguardo che considero l'emozione più forte della mia carriera".

Da quel momento l'ascesa è stata inevitabile, i primi show fino ad essere un invitato fisso nei principali eventi di freestyle europei, "è vero ti fai oltre 900 chilometri a 90 all'ora in autostrada con la motoslitta nel furgone e alla volte con attaccata la rampa ma la passione prevale sempre su tutto". Anche quando ti trovi a farti domande e la vita ti butta in faccia la realtà e la pericolosità di uno sport in cui il tasso di rischio è altissimo. "A Vienna durante un Master of Dirt sono caduto in back flip, con una brutta botta alla schiena e per 3 giorni sono stato ricoverato in ospedale senza sapere che cosa avessi e con mille domande. Fortunatamente non era nulla di serio ma ho passato momenti bui" gli stessi momenti che lui, unitamente ai membri della Daboot, il gruppo di freestyler italiani di cui fa parte, ha vissuto quando il loro amico e compagno Kevin Ferrari è deceduto a seguito di una caduta durante uno show "è stata una botta per tutti. Prima sei lì a condividere la stessa passione e gli stessi momenti e poi tutto questo finisce e ti rendi conto che come è successo a lui poteva succedere anche a te".  Nessuna idea di smettere però perchè, sarà la parola chiave di questo incontro, al rischio estremo che si cela in questo sport viene messa sull'altro piatto della bilancia la parola passione. Ecco allora che la bilancia torna a pendere solo da un lato "perchè è la passione il motore di tutto, che ci spinge a fare tanti sacrifici e cercare sempre qualcosa di nuovo, inventarci nuovi trick e cose nuove". 

La stessa passione che accumona tutti i membri della Daboot, la family che racchiude i migliori freestyle italiani e non posso che chiedergli com'è il rapporto con gli altri, lui con un mezzo totalmente diverso dagli altri "sono un po' la pecora nera del gruppo, visto che sono il solo con un mezzo così diverso rispetto alle moto. A parte questo quello che penso ci renda diversi dalle altre persone penso sia il rispetto. Perchè oguno di noi può fare le cose più strane ma poi alla fine tra noi c'è sempre rispetto. Il rispetto del rischio".

Da un lato una family acquisita, dall'altra la famiglia che ha visto l'ascesa ai vertici della disciplina "i miei mi hanno sempre lasciato libero di fare ciò che più mi piaceva, la passione per la moto l'ho eredita da mio papà. I miei genitori, come la mia ragazza che si occupa di tanti aspetti che poco c'entrano con l'andare in motoslitta ma che devono essere fatti, sono un importante punto fermo per me". Già perchè c'è anche quel lato, così ben conosciuto da tutti i piloti, che riveste una importanza fondamentale, che è il rapporto con gli sponsor che necessitano di visibilità. Visibilità dei marchi che spesso viene dai social "questa è la generazione dei social. Io però ai telefonini e ai computer preferisco sentire i motori cantare e non mi trovo molto a mio agio in questa dimensione. Fortunatamente ho chi mi affianca anche in questo aspetto".

Non possono essere persone comuni, ogni volta che guardo chi pratica sport estremi penso sempre alla famosa immagine della partita a scacchi. Davvero per assaporare la vita bisogna giocare a scacchi con la sua antagonista? Perchè alla fine ogni salto, ogni back flip, il rischio che possa esserci scacco matto, è sempre presente, troppe sono le variabili incontrollabile che possono avere la meglio. Jason smentisce però questa idea fin troppo romanzata da tanti "è vero l'adrenalina è una droga di cui non puoi farne a meno ma è la passione il motore di tutto. Una passione che supera tutto, anche le paure e i rischi. Non è la ricerca di qualcosa o la sfida con qualcosa, è solo passione".

Mentre rientriamo dalla visita alla sua baita in montagna, isolata da tutto e tutti, luogo di distacco necessario per la moltitudine di aspetti da gestire e mettere in pratica da parte di chi ha scelto questa professione, ma al tempo stesso luogo di epiche feste con episodi che qui non si possono raccontare, non posso che rendermi conto del fatto che siamo il frutto di dove nasciamo. Jason è il frutto di questa terra, di queste montagne e di questi boschi, non a caso ha scelto il cervo come suo logo, con la particolarità che le corna sono realizzate col suo nome "il cervo per me è il re della foresta, mi piace e mi da carica".

Se tra i piloti Daboot c'è quello che Jason ha chiamato il rispetto del rischio, per noi la frase si può abbreviare, dicendo solo rispetto, tanto rispetto per chi porta l'Italia in giro per il mondo e ha scelto di vivere della propria passione con una concretezza e pragmatismo che forse solo le montagne possono donare.

 

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