La mototemporada Romagnola

 

Il 4 aprile 1971 è una data doppiamente triste per il meraviglioso popolo centauri perchè da un lato segna la morte a Riccione di Angelo Bergamonti (pilota Mv) e dall’ altro ha rappresentato il canto del cigno di una delle più belle manifestazioni a carattere motoristico organizzata dal dopoguerra in Italia: La Mototemporada Romagnola.

 

Ai più giovani questo nome dirà poco ma al pubblico di appassionati con i capelli bianchi e  qualche ruga ancora emoziona, perché il loro pensiero va ad  un tempo in cui sulla riviera adriatica si davano battaglia i migliori piloti dell’ epoca circondati da ali di folla .

L’idea semplice e vincente della Mototemporada consisteva in una serie di gare ravvicinate sia come tempo che come distanza geografica.

Quasi scontato che un idea del genere nascesse in terra romagnola dove la passione per i motori è insito nel DNA locale come in nessun altra parte della nostra penisola.

Il nome Mototemporada si dice fu creato da quel gran maestro di motociclismo che rispondeva al nome di Ezio Pirazzini pensando alla temporada (serie di gare automobilistiche che si svolgevano in terra argentina) ed aggiungendo la parola moto e  l’incantesimo ebbe inizio.

Vide la luce cosi la mototemporada  la stagione della moto” che dal 1959 fino al 1971 infiammò gli animi della gente, là in quella terra romagnola dove vive la passione,  l’adrenalina fa da nutrimento all’uomo che vive di emozioni, sogni speranze e per esse gioisce, piange e talvolta  raggiunge l’estasi.

Le gare segnavano l’apertura della stagione agonistica e si correvano sui circuiti stradali delle principali località turistiche delle romagna: Milano Marittima, Rimini, Riccione, Cesenatico.

L’evento richiamava in riviera oltre ai  migliori piloti italiani anche i più forti piloti esteri attirati dagli ingaggi offerti dagli organizzatori, dall’ accoglienza tipicamente romagnola loro riservata, e ne approfittavano per svegliarsi dal torpore invernale in vista dell’ apertura ufficiale della stagione motoristica mondiale.

Ogni evento era una festa per  tutti gli appassionati che accorrevano in massa  appostandosi sugli alberi o sulle strutture in tubi in tubi innocenti appositamente create in attesa di veder passare i propri idoli.


Le gare comprendevano tutte le categorie dalle piccole zanzare di 50cc fino alla classe regina la 500 cc.

Le tifoserie erano veraci, sanguigne, divise fra loro in opposte fazioni come  guelfi e  ghibellini,  tifando chi per Paso chi per Ago eroi immortali  sempre impegnati fra loro in battaglia alla guida delle loro pluricilindriche ma per tutti, proprio tutti i contendenti, c’erano applausi sinceri e non fischi come talvolta oggigiorno capita di sentire .

I piloti all’ epoca non erano come oggi inavvicinabili ma erano persone comuni a cui piaceva far tardi con amici e tifosi alla sera, godendo l’un l’altro della reciproca compagnia con un bicchiere  in una mano e una sigaretta nell’ altra.

Si aveva la possibilità di vedere gli assi delle due ruote come Haillwood, Read, Taveri, Herrero, solo per citare qualche nome straniero, ma anche i nostri Grassetti, Villa, Parlotti, Provini a pochi centimetri di distanza, di inebriarsi con l’odore dell’ olio di ricino e  il rombo dei motori a due o quattro tempi. Si poteva toccare con mano il fascino della velocità ed innamorarsi nel vedere le Benelli, MV , Paton, Bianchi, Mondial, Ossa, l’honda RC181 con telaio italiano che Haillwood si fece costruire, e molte, molte  altre meravigliose creature a due ruote, che avevano la capacità di lasciar senza parole solo guardandole da fermo come solo una bella donna sa fare e che vengono giustamente ricordate come autentiche meraviglie della tecnica .


Era festa, ma una festa in cui gli organizzatori dovevano sperare nella clemenza del tempo e delle amministrazioni locali, per non incappare in una pesante e importante perdita di denaro.

Le gare - è opportuno ricordare - che  erano anche una buona fonte di guadagno per albergatori e ristoratori in un periodo della stagione in cui il turismo era pressoché stagnante.

In vista delle gara le strade venivano preparate, trasformate in piste, venivano poste balle di paglia nei tratti pericolosi, talvolta venivano coperte le righe bianche per renderle meno scivolose e poco altro, poi i centauri erano pronti per darsi battaglia dando prova di equilibrismo e capacità fra tombini e marciapiedi. Tutto è pronto: pronti,  partenza, VIA  che lo spettacolo cominci.

In termini di sicurezza si può dire che i circuiti erano estremamente lenti, le medie sul giro basse, non particolarmente pericolosi, infatti, gli incidenti mortali furono due in tutto: oltre al già citato Bergamonti a Riccione, a Milano Marittima nel 1967 perse la vita un meccanico che, preso dall’ euforia per il piazzamento del suo pilota, attraversò la pista non accorgendosi che stava sopraggiungendo un altro motociclista, fu colpito in pieno e morì sul colpo .

La morte di Bergamonti, che avvenne in una giornata forse più adatta agli sport acquatici che non alle corse motociclistiche, accese molte polemiche contro gli organizzatori.

I benpensanti dell’ epoca indicarono nella estrema pericolosità dei circuiti la causa della morte, furono aperte delle inchieste e chiamati a testimoniare dei piloti che dissero chiaramente che i circuiti della mototemporada di per sé non erano pericolosi e che nel giro iridato erano presenti circuiti in cui il rischio di avere un infortunio grave o letale era molto ma molto più alto (TT ad esempio), ma queste osservazioni non furono prese in considerazione e segnò di fatto la fine della Mototemporada.

Un'ultima gara fu corsa a Cesenatico il 18 aprile 1971 e poi  sulla Mototemporada  calò il sipario in favore di circuiti permanenti più sicuri, meglio attrezzati ma asettici e senz’anima.

Per i fortunati che hanno avuto la fortuna di vivere quei tempi, quelle gare, in cui il profumo di salsedine ed  aghi di pino si fondeva con l’odore dell’ olio dei motori, resteranno sempre  delle belle emozioni vissute. Un tempo magico, in cui la televisione non era presente e dove i piloti non bevevano dalla cannuccia miracolose bevande energetiche quando erano a favore di telecamera, ma erano persone comuni in mezzo alla gente comune. Temerari uomini forse meno professionisti rispetto agli attuali, ma sicuramente più umani , più veri, come era vero quel motociclismo fatto di tute nere, di odore di olio di ricino , di numeri dipinti alla meno peggio che non tornerà più.

Per gli amanti delle statistiche possiamo dire che furono 124 le gare disputate e in cima alla lista degli italiani più vittoriosi svetta AGOSTINI con 27 successi seguito da PASOLINI con 14, Provini con 11 successi mentre il grande HAILWOOD con dieci successi è il primo degli stranieri seguito da BRIANS, READ, IVJ  rispettivamente con 5 e quattro successi a testa.

VLAD 

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