Abbiamo il grandissimo piacere di porre alcune domande ad una persona che ha rappresentato la storia della Superbike, forse una delle personalità che maggiormente ha influito su questo campionato nel corso degli anni e sicuramente ha scritto pagine importanti: i primi anni da pilota e poi come team manager raccogliendo diversi titoli mondiali e gestendo campioni che ancora oggi fanno battere il cuore agli appassionati.
Davide Tardozzi nel corso dei tuoi anni di attività in cui hai vinto e gestito tanti campioni hai vissuto emozioni intense, quanto ti manca oggi l’ambiente ? Io ho iniziato con le corse da ragazzo e poi sono entrato in Ducati come team manager per passione. La passione rimane. L’ambiente sicuramente mi manca, ma ero arrivato ad un punto in cui ero stanco di continuare a girare il mondo. Non è che in questo momento stia male e non ho ansia di tornare, non sono uno che vuole rientrare a tutti i costi. Dopo un paio di anni a casa mi sono ossigenato e rigenerato ma non è detto che se capita l’occasione non la prenda e soprattutto - ma soprattutto - deve essere una sfida vincente.
Avresti potuto essere il primo italiano a vincere il primo mondiale SBK come pilota ma una interpretazione di un regolamento appena nato non considerò la vittoria ottenuta nella prima manche della prima gara (si optò per considerare i punteggi delle manche solo se si finivano entrambe) non facendo conteggiare quei punti che avrebbero portato a fine dell’anno il titolo mondiale. Ogni tanto ripensi a quell'episodio ? Altroché se ci ripenso. Ti dirò che dopo 25 anni il rospo non è andato giù è ancora lì che gira. Perché se il regolamento fosse stato applicato in modo univoco sarei stato campione del mondo.
Poco dopo sarebbe arrivata la svolta come team manager, quali sono state le difficoltà in tale passaggio e quali qualità sono necessarie per affermarsi in questo ruolo? La difficoltà è quella che dico a tutti gli ex piloti che scelgono di fare questa professione: "scendere dalla moto". Purtroppo chi è stato pilota finisce per pensarla come un pilota invece bisogna pensare al bene della squadra e del pilota. Al pilota devi dargli quello che serve e non quello che chiede.
Anni '90 Fogarty, Anni 2000 Bayliss, campioni che nel cuore dei ducatisti e non solo fanno ancora battere il cuore. Tralasciando le doti professionali indiscutibili, a livello umano cosa ti hanno lasciato entrambi ? Com’è gestire campioni di questo livello ? Io ho avuto la fortuna di entrare in sintonia con entrambi. Di Fogarty si è detto di tutto, che era un matto, uno scapestrato, gliene hanno dette di ogni. In realtà Fogarty era semplicemente una persona timida, bisognava capire e comprendere la sua timidezza dopodiché superato questo primo scoglio il nostro è stato un rapporto stupendo. Oggi ci telefoniamo almeno una volta al mese. Con Troy invece fai conto che quando arriva mi chiama chiedendomi cosa si mangia, a casa mia Troy ha una sua camera.
Qualche aneddoto? E’ vero che Fogarty in un turno bagnato di prove non voleva uscire e poi è servito l’intervento della moglie per convincerlo ? Si, ci siamo quasi messi le mani addosso. In quella occasione ci sono andato giù pesante e fortunatamente avevo l' appoggio incondizionato di Micaela (sua moglie) che mi diede totalmente ragione e gli disse pesantemente quello che pensava di lui in quel momento.
A volte bisogna anche alzare la voce con pluricampioni del mondo. Io ho sempre cercato di guadagnare la fiducia dei piloti in tanti modi, episodi, atteggiamenti e parole. Per questo in determinati episodi andare giù a muso duro significa non portarti dietro strascichi, perché qualunque cosa tu dici sanno che è per il loro bene. Poi magari le opinioni possono essere diverse ma comunque non ti considerano come un imbecille.
Di Troy invece si racconta sempre l’episodio di Donington, è vero che si rivolse a voi dicendo” tagliatemi il dito voglio correre la seconda manche”? Io ero lì e gli ho detto “te sei scemo”. O meglio, gli dissi “shut up someone else has to take the decision”, in quel momento non era giusto permettergli di fare un simile gesto, avevo compreso la gravità della situazione. Lo abbiamo portato in ospedale e lì è stato curato, infatti oltre al dito, aveva anche altri problemi interni che al momento non gli avevamo detto. Comunque è vero lui voleva assolutamente correre.
Sei stato definito come un generale, il successo passa attraverso il rigore? Assolutamente, al 100%. Essere rigidi non vuol dire essere dei bacchettoni, ma vuol dire rispetto. Rispetto per l’avversario, per il compagno di lavoro e poi in secondo luogo vuol dire professionalità. Con queste due parole io includo una serie di cose che chi ha lavorato con me conosce benissimo. Un atteggiamento di lavoro che cerchi di trasmettere al team e trasmetti al pilota, che io reputo un animale che è in grado di annusare quello che gli gira intorno: le sensazioni positive e la voglia del team di vincere. Devi impostare un sistema per cui chiunque, dal cuoco all' ingegnere, dall’autista al meccanico si alzano la mattina pensando di vincere. Questo si crea con regole che vanno rispettate e con un certo atteggiamento. Io non so se sono un generale ma penso di aver fatto delle scelte giuste, nonostante abbia fatto anche alcuni errori, ho voluto intorno a me le persone giuste al posto giusto e penso di aver dato importanza a chiunque abbia lavorato con me qualunque lavoro facesse. Ognuno sapeva che grazie al suo lavoro contribuiva in una piccola percentuale alla vittoria. Detto questo evidentemente ho dei lati negativi e sono un personaggio scomodo. Voglio le cose a mio modo e spesso non scendo a compromessi.
Tra i tanti piloti che hai gestito chi ti ha dato maggiori emozioni, sia a livello professionale che umano ? Sicuramente oltre a Fogarty e Bayliss direi Corser. Troy è stato un talento all’altezza degli altri due ma aveva un’attitudine caratteriale diversa. Corser non era assolutamente meno di loro, lo metto un quarto di gradino sotto perché non aveva sempre quella determinazione propria di Foggy e Bayliss. Inoltre con Corser c’è stato un rapporto personale di un certo tipo, perché quando venne in Italia a metà anni novanta visse due anni e mezzo in casa mia.
Oggi nel campionato ci sono sempre più gare intercontinentali ora dopo Russia si parla anche di India. Possibilità di aumentare la visibilità o maggiori costi da sostenere per i team? Qual è il tuo punto di vista ? Muoversi sicuramente costa, ma il fatto che viene definito campionato del mondo avrà un significato? Russia e India sono paesi emergenti e se qualche manager è bravo a fare il suo lavoro può trovare nuovi sponsor la vedo quindi come una grossa opportunità.
Qual'è la tua valutazione dell'acquisizione avvenuta da parte di Dorna? Credo sia stata una mossa politica da parte di Dorna per chiudere la diatriba quasi ventennale tra i due campionati, GP e SBK, e per arrivare a quello che si auspicava da sempre, ossia una sola mente che facesse i regolamenti per non creare conflittualità tra i due campionati. Non c'è stato mai tra i Flammini e Dorna una volontà di trovare un accordo sui regolamenti che permettesse ad ognuno di vivere nel proprio mondo senza intersecazioni e conflittualità.
Come valuti il passaggio a Mediaset? E' una grande opportunità, ma bisogna avere le capacità e professionalità per coglierne i vantaggi.
Non pensi che possano venire snaturate le caratteristiche che hanno contraddistinto la SBK e che l’hanno fatta entrare nel cuore degli appassionati magari diventando un prodotto più commerciale? In molte discussioni che ho avuto con Flammini ho spesso sottolineato che non avevamo abbastanza copertura televisiva e questo creava un forte gap rispetto alla motogp. Credo che comunque la SBK abbia maturato le sue peculiarità che non credo possano essere snaturate delle richieste eventuali delle televisioni.
Che effetto ti ha fatto vedere la casa tedesca e Marco giocarsi il mondiale fino all’ultimo? Nessun effetto in particolare se non un compiacimento perché si è verificato quel che avevo suggerito a metà 2010 e cioè di prendere alcuni tecnici italiani e Marco Melandri. Lo vedo come una conferma di quello che avevo detto in tempi non sospetti.
Come vedi i piloti italiani nel prossimo futuro? C'è qualcuno che ti piacerebbe vedere in sella a moto competitive e qualcuno può competere per il mondiale con il mezzo giusto? Il nome è Giugliano, il ragazzo emergente. tuttavia non so come si adatterà al cambio di moto (Aprilia) anche se visti i tempi di Fabrizio (che è chiamato a confermare le sue capacità dopo alcuni anni bui) direi che avrà un mezzo vincente per poter dimostrare il suo talento.
Pochi mesi fa al 25esimo della superbike hai rivisto chi ha fatto la storia di questo campionato, com’è cambiato nel corso degli anni, in cosa è migliorato e in cosa peggiorato a tuo avviso? Mi ha fatto un piacere enorme rivedere certe persone, ho passato anni importanti della mia vita con alcuni di loro e anche la rivalità con Merkel che c'era a suo tempo è finita in abbracci sinceri. Fred era un campione e si è meritato i titoli che ha vinto, lui è stato più bravo di me. Se è cambiato l’ambiente ? Si va avanti, si modernizza, la professionalità aumenta, ho visto una normale evoluzione delle cose in senso positivo. Credo che ci sia ancora margine per migliorare.
Il fatto che team lascino a casa piloti e meccanici a metà stagione magari perché non raggiungo obiettivi di budget o altro ? Andrebbero protette di più le professionalità che lavorano in questo ambiente. Ci lavorano 800-900 e pur essendo utopistico mi piacerebbe che la Federazione si facesse carico di tutelare questi professionisti.
Con frequenza quasi mensile salta fuori il tuo nome per gestire un nuovo team o un nuovo progetto, dovremo vivere solo di ricordi o c’è una possibilità di un tuo ritorno ? Non so se dire speriamo che arrivi o che non arrivi. A parte la battuta ritengo che la qualità della vita non ha prezzo,oggi mi sono abituato a star a casa, ad essere rilassato. Io amo talmente vincere che a suo tempo lavoravo "24 ore al giorno", mi è capitato di svegliarmi di notte e prendere appunti... questa cosa mi ha stressato molto e ora che sono più rilassato posso dire di star meglio fisicamente. Detto questo posso dire che le moto sono il mio hobby oltre ad esser stato il mio lavoro per 30 anni e quindi mai dire mai. Comunque oggi la vedo difficile, non ci sono molti posti in grado di darmi quello che cerco, anche perché non nascondo di essere una persona ingombrante che vuol avere le prospettive per un progetto vincente.
Ringraziamo Davide per questa piacevole chiacchierata e speriamo di vederlo presto protagonista nei ruoli che possano permettergli di esprimere la estrema e rara professionalità -di ci oggi si sente tanto la mancanza - che da sempre caratterizza il suo lavoro.