Nicola Dutto - l'incontro

Prima di conoscerti pensavo che i supereroi non esistessero”, così un ragazzo con tatuaggi e piercing sul labbro si rivolse a Nicola Dutto durante uno degli incontri che Nick tiene frequentemente nelle scuole. Non posso dire se Nicola Dutto appartenga a questa categoria, ma se un supereroe è colui che direttamente o indirettamente ti porta a cercare il meglio in te, a dispetto di tutto e tutti, allora forse Nicola Dutto rientra in questa categoria. Sicuramente è una persona speciale.

Ho avuto la fortuna di essere ricevuto nella sua abitazione o meglio nel suo studio/officina dove ho potuto vedere la sua moto in fase di preparazione per la prossima sfida che lo attende. Lui con una lesione vertebrale che lo rende paraplegico dal tronco in giù contro gli altri, i normodotati.
Era il 2010 quando un incidente lo immobilizzò su una sedia a rotelle cambiandogli la vita e aprendo scenari impensabili, che lo hanno fatto diventare un punto di riferimento per le tante persone nella sua stessa condizione.  Quella di Nicola Dutto è una grande storia e oggi sono qui per conoscerla.

Iniziando la nostra chiacchierata scopro che le moto non sono parte della sua famiglia “dopo che i miei genitori si sono trasferiti a Limone Piemonte, ho iniziato a praticare sci d'alpinismo. La prima moto l'ho presa a 17 anni coi soldi dei lavori estivi” dopo i primi approcci sceglie di praticare enduro a livello agonistico. “Le prime gare a 19 anni, regionale, italiano e qualche tappa di europeo tuttavia devo ammettere che il mio livello non era da mondiale”.

Se non sarà l'enduro a vederlo come protagonista, sarà un'altra disciplina, grazie a un incontro, avvenuto a fine 2000, che lo cambierà per sempre, quello con le Baja, delle gare nate sul finire anni '80 per preparare i piloti spagnoli alla Dakar. Gare con tappe da oltre 400 chilometri senza interruzioni e senza navigazione.

Una disciplina poco conosciuta che sembra essere una via di mezzo tra l'enduro e il rally ma con tanti elementi affascinanti. “La cosa bella è la semplicità. Poche regole ma chiare. Anche per la moto, senza troppe spese puoi vivere emozioni incredibili. Basta una moto da enduro, allunghi i rapporti, monti un serbatoio da 13 litri, è tutto lì. Segui le frecce, le indicazioni: la magia è fatta ”. A questo poi però c'è l'aspetto oggettivo che limita la possibilità di realizzare le Baja solo in determinati contesti: serve un territorio che possa assicurare 400 chilometri di tracciato senza interruzioni e alternando diversi scenari tecnici.

Le Baja sono nate nella bassa California ma poi hanno preso piede anche in Spagna che più di altra si adatta al contesto “ passi da tratti da 160 km/h a quelli da 30, zone di enduro, pietre, sabbia, c'è di tutto, scenari che si alternano e si susseguono: un parco giochi per chi ama il fuoristrada”.

La prima gara fu nel 2001, un gara  di coppa del mondo con una entry list da mettere in soggezione chiunque, con piloti che avevano vinto mondiali e Dakar. Quattrocento chilometri di speciale non navigata per 4 giorni negli scenari spettacolari della Spagna. Bastano i primi chilometri per sancire che l'amore era nato e “da allora ho passato 6 anni in Spagna”. Sei anni di crescita continua che lo hanno portato a diventare spesso l'uomo da battere, in grado di vincere il campionato nel 2004 e 2006.

Come se non bastasse Nicola si mise alla prova ulteriormente tentando l'avventura nella terra natia della Baja, la bassa California, e anche lì dimostrerà tutto il suo valore: nella Baja 500 concluderà il campionato al terzo posto assoluto.

Questi risultati lo portano ad essere il pilota di punta e da battere nel Baja Italiano, un campionato nato nel 2007 ma neanche lontanamente paragonabile a quello spagnolo a causa della mancanza di un territorio che permetta di assicurare distanze così lunghe senza interruzioni ma anche per la capacità tutta italiana di complicare le cose semplici. L'unione di regole dell'enduro, del motorally e delle Baja fece nascere un campionato ibrido che di fatto non da il giusto valore a una splendida disciplina e snatura quello che è l'essenza stessa della Baja “il bello della baja è la semplicità. Il pilota stando in moto tanto tempo è sottoposto a forti stress sia fisici che psicologici, non hai bisogno di un mezzo superveloce, è la testa che fa la differenza”. La mancata possibilità di creare un anello di almeno 200 chilometri da ripetere senza interruzioni, imponendo trasferimenti e speciali limitate a quasi neanche 100 chilometri, obbligano a dare il 110% ai piloti facendo crescere a livello esponenziale i pericoli e rischi. Sarà proprio in una di queste tappe dell'Italian Baja dove ebbe l’incidente che si pensava mettesse fine alla sua carriera in moto.


Forse il destino però lo voleva ancora sulle moto, a dispetto dei primi drammatici pensieri “Quando ero disteso sul greto del fiume tagliamento ad Elena,” (la moglie, un'altra incredibile persona che conoscerò durante il pomeriggio e che accompagna Nicola in ogni agire quotidiano) “ ho detto che quella era l'ultima gara in moto che facevo, ero consapevole del danno: non sentivo più le gambe”. Tuttavia non fu così, per tornare in moto furono necessari vari passaggi che Nicola raggiunse in tempi brevissimi “all'inizio pensavo fosse impossibile tornare in moto, avevo difficoltà a stare in equilibrio nel letto, poi in ospedale guardando altre persone paraplegiche ho iniziato a vedere il bicchiere mezzo pieno. Posso dire di essere stato fortunato nella sfortuna: la mia lesione è a un punto che comunque mi permette di usare gli arti superiori e riesco a ottenere piccoli miglioramenti continui”.

Mi chiedo quale forza interna può esserci dietro questa risalita e quale è stato l'elemento specifico che gli ha permesso di affrontare gli ultimi passaggi per tornare in moto. Mi domando cosa può aver alimentato una brace nascosta nel profondo del suo io facendola diventare una nuova fiamma, che oggi più che mai risplende e riscalda molti intorno a lui.

Il fatto di continuare a migliorare e prendere sempre più consapevolezza nella mia nuova dimensione mi ha fatto prendere fiducia. Ho provato con il buggy ed ho partecipato alla Baja 1000, essere là ed aver respirato la mentalità americana che non ti mette limiti è stata una forte spinta. Vedere poi i video di Doug Henry, paraplegico anche lui, anche se ha una lesione più bassa, che va in moto, salta, fa i doppi è stato poi quello che mi ha fatto dire: se ci riesce lui posso provarci anch'io ”.

Una decisione maturata nel dicembre 2011, dopo poco più di un anno e mezzo dall'incidente, il tempo di studiare come allestire una moto adatta alle sue nuove necessità e già a Luglio Nicola Dutto era nell'elenco dei partecipanti alla Baja Aragon. “E' stato bellissimo, emozioni indescrivibili. Ricordo che mentre passavo in moto mi veniva da piangere e ridere insieme, roba da pelle d'oca. Le persone si buttavano in mezzo al tracciato: è stato magico”.

Leggendo di Nick ho visto il suo nome spesso associato a Zanardi o Pistorius degli amputati che per quanti limiti possono avere nella gestione della quotidianità, non possono neanche lontanamente essere accostati a persone paraplegiche. Mi chiedo se questa ignoranza di fondo possa dargli fastidio e se si sente ogni volta di specificare all'interlocutore di turno quanto siano lontani anni luce i loro mondi“se qualcuno entra nel merito certamente, altrimenti dico loro che mi piace l'accostamento a Pistorius in quanto lui è stato il primo a gareggiare, come nel mio caso, con dei normodotati”. Perchè oggi Nick corre con i suoi vecchi compagni di avventura, come ama definirli, con la moto adattata alla sue nuove esigenze è tornato a vivere le emozioni che solo le moto possono regalare.

    

Oggi Ncola Dutto è un pilota di moto a tutti gli effetti, un uomo KTM, un marchio importante e non posso non chiedere come è nata questa partnership “ho incontrato Angelo Crippa in Scorpion Bay, di cui sono testimonial dal 2003, ha ascoltato la mia storia, si è emozionato e da lì è iniziato il nostro rapporto. Per loro non sono un paraplegico ma un pilota a tutti gli effetti”. Una collaborazione con KTM Italia che gli permette di avere a disposizione tutto l'aspetto logistico ed assistenziale anche negli States e Nicola deve solo concentrarsi su quello che sono gli aspetti tipici e caratteristici della sua moto.

La stessa moto che vedo nella sua officina mezza smontata e cui la prima cosa che balza agli occhi è il roll bar ”quando sono in gara io sono una cosa sola con la moto”. Però la cosa più importante nella sua moto, non sono le protezioni che avvolgono e riparano Dutto ma un altro elemento, perchè le Baja sono gare impegnative, che prevedono permanenza in moto per anche 7 ore e nel suo caso“la parte più importante è il sellino, perchè se mi lesiono le parte insensibili ci vogliono mesi per guarire”.

Non posso che entrare nel merito delle modifiche che sta apportando alla moto per rendere più pratica e sicura la guida “quello che vorrei fare adesso è abbassare la seduta, senza andare a compromettere il baricentro della moto”. A questi sono da aggiungere gli accorgimenti per intervenire in quello che inevitabilmente è ordinario in un percorso che si sviluppa tra sassi, radici, canaline, guardi: le cadute. “Devo modificare il roll-bar, alzarlo e renderlo più dritto, sarà più difficoltoso entrarci ma sarà più facile per i ragazzi che mi seguono raddrizzare la moto quando cado, vorrei dar loro maggiori punti di presa per aiutarmi in questo”.

Perchè durante la gara Nicola ha bisogno di assistenza nel caso in cui incappasse in una caduta, è riuscito ad avere permessi per gareggiare con al seguito due ragazzi in moto pronti a intervenire in caso di necessità, comprese quelle situazioni in cui i normodotati possono tranquillamente alzarsi sulle pedane o scendere dalla moto per superare ostacoli.

Oggi Nicola passa tre mesi in California ed è papabile l'amore che ha per questa terra, e non solo perchè “è la Mecca per chi ama il fuoristrada” ma anche per la mentalità che si respira “loro i problemi non se li creano, li risolvono”.

Già penso a quali possono essere state le risposte alla sua richiesta di partecipazione alla Baja nelle sue nuove condizioni e con le sue nuove esigenze “io in gara ho bisogno di qualcuno che possa rimettermi in moto dopo le cadute. Ho due pick-up di assistenza e 4 moto, due che si alternano, così da essere pronti a rimettermi in piedi quando cado. Con gli organizzatori californiani è stato semplice trovare una soluzione. Là ti metti intorno a un tavolo, parli e il problema si risolve immediatamente”.

Un mondo magari fatto di tante contraddizioni ma sicuramente più semplice per chi ha esigenze concrete da gestire e problemi da affrontare “Negli States tutto è più easy. Per dire, se voglio andare in palestra ci sono quelle aperte 24 ore al giorno con accesso per tutti, senza limiti infrastrutturali”. A queste piccole cose ci sono altre di maggior peso specifico, soprattutto dal punto di vista finanziario, perchè le risposte per affrontare una nuova dimensione sono concrete e  spesso economicamente importanti.

Chi affronta un infortunio di questo livello va incontro a spese elevatissime da sostenere e molte volte le polizze assicurative, specie quelle standardizzate sono realizzate ad hoc per essere più dalla parte dell'assicurazione che dalla vittima. Situazioni che solo toccandole con mano si possono esplicare, “noi siamo ancora giovani e veniamo dalla cultura del fare. Molte soluzione le ho realizzate direttamente io con l'aiuto di Elena e di amici”. Il primo esempio pratico è quello del montascale. Per farlo realizzare a ditte specializzate le spese sono nell'ordine di decine di migliaia di euro, Nicola ha preso una bandiera di un muletto e con una spesa ridicola rispetto all'esborso richiesto ha dato risposta alla sua necessità.

Per un disabile alcuni semplici accorgimenti, necessari per una vita meno impegnativa, richiedono investimenti e spese elevate. Quando poi le soluzioni ci sono è la burocrazia che li obbliga a sobbarcarsi costi importanti, come nel caso dei dispositivi per guidare le auto. Il paragone con gli Stati Uniti è inclemente, “là basta affittare un auto e sistemare un kit per disabili dal costo di poche centinaia di euro che si può spostare da un'auto a un'altra e si può guidare”, qui servono omologazioni e continui costi che alla fine si consolidano in migliaia di euro e una volta cambiata l'auto sono irrecuperabili.

Sentendo parlare Nicola, paradossalmente più che il disagio fisico della sua nuova condizione sono questi gli aspetti che gli mettono più rabbia ma al tempo stesso sono una benzina per trovare soluzioni,condividerle con altri e aiutare.

Da quanto ha avuto l'incidente ha conosciuto tante persone, soprattutto ragazzi e le loro famiglie, che hanno bisogno di aiuti concreti per sopperire alle difficoltà quotidiane, a partire da una carrozzina più leggera fino ad arrivare come nell'esempio di prima, di un montascale. Forse è per aver toccato con mano queste difficoltà oggettive che Nicola ha fatto una scelta controcorrente, avrebbe potuto diventare una bandiera, una star mediatica, tante associazioni dopo l'incidente lo hanno chiamato ma la sua scelta è stata quella di dedicare il suo tempo in altri modi, lontano dai riflettori.

Non rinnega quello che è la ricerca, l'importanza della raccolta fondi ma nella scelta tra essere il protagonista di “una giornata per” e aiutare concretamente chi ha delle difficoltà concrete ha scelto la seconda “i ragazzi non hanno solo bisogno della ricerca ma di cose concrete, magari la carrozzina o il montascale”.

Effettivamente penso a quanti con disponibilità economiche spropositate e con familiari affetti dalle stesse patologie nella ricerca non hanno trovato le risposte che cercavano. Delle valutazioni che chi si trova in condizioni difficili deve affrontare. Domando poi fin dove è arrivata la tecnologia, che spesso viene in soccorso a tantissime situazioni di decifit fisico, oppure se esistono degli interventi che mitigano le disabilità, la risposta di Nicola è chiara e senza bisogno di repliche “per il futuro se devo sottopormi a degli interventi che mi cambiano la vita lo farei, ma me la devono cambiare radicalmente. Perchè andare a spendere migliaia di euro per un esoscheletro per me non ha senso, non è quella la libertà”.

Ecco per la prima volta una parola che alcuni difficilmente possono associare a chi non può muoversi con le gambe, eppure Nicola mi da conferma di quello che spesso leggiamo sui libri di grandi autori, - non sono belle parole per fare effetto - è tutto vero e Nicola Dutto ne è la conferma: la libertà è solo nella nostra testa, nel nostro modo di vedere le cose.

Non è la verticalizzazione che ti da la libertà”. Troppo spesso si cade nell'aspetto compassionale di chi guarda una persona in carrozzina e il primo pensiero è: povero, non può camminare “quello è l'ultimo dei problemi. Se mi dicessero ti operano, non puoi più camminare ma ti torna la sensibilità, io firmo subito”.

Una presa di consapevolezza di una nuova realtà, di una seconda parte della propria vita da comprendere e capire “quando ti trovi su una sedia a rotelle hai due scelte su come vivere la tua vita: o guardarti indietro e piangerti addosso e voler a tutti i costi voler tornare a camminare e quindi vivi il tuo futuro facendo dello shopping medico da un ospedale all'altro o dire ok la mia situazione per il momento è questa, non mi do per vinto, però vivo!”.

Una vita che ha deciso di vivere appieno, alternando quello che è la sua grande passione, la moto e la voglia di aiutare gli altri.

Con l'aiuto della moglie Elena, una donna unica, con un ruolo fondamentale nella gestione del quotidiano, oltre agli aiuti concreti fatti a ragazzi con possibilità economiche limitate ha deciso di impegnarsi per realizzare qualcosa di grande e scrivere un nuovo capitolo della sua vita, consapevole dell'aspetto formativo e emozionale che solo lo sport può dare.

"Noi sappiamo di tanti ragazzini che non hanno avuto la possibilità di diventare sportivi a tutti gli effetti e sarebbe bello che possano realizzare il loro sogno”. Da queste premesse nasce un grandioso progetto.

Elevare quello che è il concetto di disabilità sia negli occhi degli altri, sia in chi pratica sport creando una accademia in cui far crescere i ragazzi disabili, mettendo a loro disposizione gli strumenti per crescere, migliorarsi ed essere competitivi così da creare degli sportivi a livello mondiale. “Da noi in Italia lo sport per disabili viene visto come qualcosa di aggregativo, mancano strutture in grado di formare soprattutto mentalmente gli sportivi disabili”.

Basta vedere la casella dell'ultimo medagliere azzurro delle ultime paraolimpiadi di Sochi, un risultato che mancava dal 1980: zero medaglie.

Nicola prima di essere un disabile è uno sportivo, un pilota e più di altri comprende quali emozioni può dare lo sport e quali sogni può realizzare.

Come mi dirà Elena “ il nostro tempo lo dedichiamo per aiutare i ragazzini, loro i sogni li hanno ancora e non devono smettere di sognare perchè li ha colpiti una malattia o sono stati vittime di un incidente”. Dare la possibilità di diventare sportivi veri, a tutti gli effetti, secondo una impostazione americana, del conquistarsi le cose e ancora una volta Nicola puntualizza un aspetto fondamentale del suo essere “a quel punto però non devi avere scuse, perché sei alla pari degli altri e non sono accettati vittimismi”.

Il progetto di cui mi stanno parlando Nicola e Elena non è un idea su carta, è già presente in Spagna e in altri stati e già alcuni passi sono stati fatti. Bisogna solo sperare che la burocrazia, le norme, i vincoli, i permessi che hanno affossato una delle migliori economie del mondo, non limitino anche questo grande e meraviglioso progetto.

Con queste stupenda immagine negli occhi, decine di ragazzi che si allenano, faticano, sudano sotto le direttive di validi insegnanti lascio i coniugi Dutto, nella speranza di rivederci presto, magari alla prossima apertura di questo centro. Li ringrazio per il tempo concesso e per avermi permesso di conoscere la loro storia. Una storia da raccontare e portare ad esempio.

Sulla via del ritorno penso a quante persone si lamentano di piccoli problemi quotidiani, di come riescano a trasformare un sassolino in una montagna, di come vivono assaliti da preoccupazioni spesso infondate o che non si realizzano mai, sopraffatti da problemi che non sono tali e magari cedono alle prime difficoltà, persone insoddisfatte alla ricerca di qualcosa di irrealizzabile, persone sempre nell'attesa del loro Godot. Sono tante queste persone e poi penso a Nicola.

Penso a Nicola che sta preparando la sua moto. Nicola che sta sistemando il sellino. Nicola che si monta la moto da solo. Nicola che tra poco sulla sua moto attraverserà deserti, petraie e mulattiere. Beh forse è vero, Nicola Dutto è un supereroe.

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